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Dai Beach Boys ad Ariel Pink, da Daniel Johnston ai Microphones/Mount Eerie, il cosiddetto lo-fi – da low fidelity: «bassa fedeltà», appunto – appartiene ormai alla storia maggiore delle musiche indie. Ma cos’è che ci appassiona di questi suoni sgranati e registrati in casa, che affogano squisite melodie pop in un impiastro di fruscii e riverberi involontari? E in che modo il lo-fi può aiutarci a comprendere qual è il nostro rapporto con gli strumenti del potere a partire dalla tecnologia, così da hackerarla per dare forma alle nostre fantasie più intime? In parte saggio di musica, in parte diario privato, in parte raffinato esperimento di filosofia applicata, Bassa fedeltà ci trascina nelle oniriche terre della «musica da cameretta» per antonomasia, facendo dialogare Brian Wilson e Félix Guattari, Perfume Genius e Mark Fisher, il black metal e Paolo Virno, trasformando i musicisti lo-fi in esploratori cyberpunk della registrazione fai-da-te e rivelando quanto questi suoni, ribaltando il dogma hi-tech, ci dicono di noi, delle nostre vite sotto il capitalismo e degli strani modi in cui facciamo i conti con il dolore, la follia e la bellezza.
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