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Reggio Emilia, agosto 1945. A quattro mesi dalla fine della guerra, in un Paese dalle ferite ancora aperte, quattro giovani musicisti cercano di riannodare i fili di un sogno concepito tre anni prima, e interrotto dalle vicende del conflitto. Si erano conosciuti nell’estate del ’42 all’Accademia Chigiana di Siena: suonando il Quartetto di Debussy al saggio finale avevano scoperto un’intesa singolare e profonda. Il sogno è dunque quello di fondare un Quartetto, e di intitolarlo all’Italia che rinasce. Dopo i primi passi in provincia, con il debutto a Milano comincia una delle più straordinarie carriere musicali del dopoguerra, che porterà il Quartetto Italiano in tutte le capitali d’Europa, quindi oltre Oceano, in un’America che li acclama come «il più bel Quartetto del secolo», e ancora in Unione Sovietica, in Giappone, in Sudamerica, ovunque nel mondo. Nati sotto il segno di Toscanini nel rigoroso rispetto del testo musicale, trascorsi dieci anni di straordinarie esecuzioni a memoria, i quattro “cavalieri dell’arco” scopriranno – dopo un memorabile incontro con Furtwängler – quella libertà che consentirà loro di penetrare nelle insondabili profondità delle ultime creazioni beethoveniane. Si realizzerà così quel felice connubio fra cantabilità italiana e sapienza polifonica tedesca che farà del Quartetto Italiano un’icona della musica da camera. Dopo trentacinque anni di una carriera impareggiabile, il Quartetto Italiano riceverà la più grande delle attestazioni: “Cavatina” dal Quartetto op. 130 di Beethoven viene inserita dalla nasa fra i monumenti dell’umanità che la sonda “Voyager 2” sta portando alla fine dell’universo.
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